Creavano e trasformavano società, ne cambiavano i nomi, le intestavano a teste di legno e poi le facevano fallire. Un gioco di scatole cinesi, quello scoperto dalla Finanza di Roma, che secondo gli uomini delle Fiamme Gialle, avrebbe fruttato oltre cinquanta milioni di euro distratti in parte alle stesse imprese e in parte al Fisco. Nei guai, oltre alla “mente” romana di quella che per i finanzieri era «un’associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e alla sottrazione al pagamento delle imposte», è finito anche il noto imprenditore torinese Giancarlo Vigo. Ideatore della catena di alberghi dell’amore “Sixlove” e fondatore della storica catena di ristoranti “Pastarito”, da ieri mattina si trova ai domiciliari e, attraverso il proprio legale, si dichiara innocente.
La vicenda è molto complessa, ma in sintesi si può dire che secondo gli investigatori Vigo avrebbe svenduto Pastarito e si sarebbe messo i soldi in tasca. Versione che lui, assistito dall’avvocato Pierluigi Ciaramella, respinge con forza. «Non solo la società non è stata svenduta – spiega il legale – ma per coprire le perdite che erano rimaste, ci ha rimesso un milione e mezzo di euro». Vigo, nell’inchiesta che si è conclusa ieri mattina con l’esecuzione di 16 ordinanze di custodia cautelare e il sequestro di tredici società tra cui Pastarito Srl di Reggio Emilia, è accusato di bancarotta fraudolenta.
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