Che cosa sono gli “spettri” di cui parla Ibsen nel suo omonimo dramma? Sono le illusioni che le persone costruiscono a partire dalle proprie debolezze, sono le menzogne che adottiamo e che trasmettiamo ai nostri figli. Nello specifico, sono i fantasmi che attraversano le vite di Helene Alving e di suo figlio Oswald; sono le colpe del padre, il Capitano Alving, che lascia nella famiglia una scia di tragedie personali e psichiche sia nella madre sia nel figlio; sono gli spettri in cui tutti noi ci rispecchiamo. Come dice la vedova Helene Alving al pastore Manders: « M’è parso di veder degli spettri davanti a me. Ma credo quasi che tutti noi siamo degli spettri».
Gli “Spettri” di Henrik Ibsen aleggeranno da questa sera e fino domenica prossima al Teatro Carignano di Torino in uno spettacolo prodotto dal Teatro Stabile del Veneto, presentato nella versione italiana e nell’adattamento di Fausto Paravidino e per la regia di Rimas Tuminas. Ne sono interpreti Andrea Jonasson, Gianluca Merolli, Fabio Sartor, Giancarlo Previati, Eleonora Panizzo.
Paravidino condensa i tre atti del dramma borghese che il drammaturgo Henrik Ibsen scrisse nel 1881 in un atto unico in cui passato e presente, personaggi reali e fantasmi si fondono come in un sogno. Il sipario si alza su una ragazzina, Regine, una giovane cameriera, sorellastra a sua insaputa di Oswald, di cui è innamorata, e creduta figlia del cinico falegname Engstrand. Regine sta provando con lo sputo a rimettere assieme i pezzi di un vaso rotto, metafora della distruzione cui è andata incontro la famiglia Alving e che Helene continua a rivivere fino alla tragedia finale. La storia si sviluppa proprio intorno allo scontro tra Helene (interpretata da Andrea Jonasson) e suo figlio Oswald (Gianluca Merolli), scontro che porta a galla vecchi peccati di famiglia. Una storia di incesti, di verità taciute e poi rivelate, una storia di follia, dove i personaggi assurgono quasi alla grandezza dei miti del teatro greco.
«Questo spettacolo è una storia di liberazione dai fantasmi che ci inseguono – spiega il regista lituano -. Le illusioni collassano, crudeli verità vengono rivelate e l’immagine della famiglia ideale si frantuma rivelando ciascun membro per l’individuo libero qual è. Riconquistare la propria indipendenza attraverso il superamento delle illusioni, come donna e come madre, diventa l’unica strada possibile verso la libertà».