Dori, Charlie, Bread e Bianca. Lo sguardo triste, le orecchie basse, la paura nelle zampe. Il timore di morire dopo una notte passata al gelo. Come due anni e mezzo fa quando gli zingari attaccarono il canile. Da quel 21 maggio del 2015, giorno dell’ultimo infame raid ai danni del rifugio Enpa, ne è passata tanta di acqua sotto i ponti.
Tra le aggressioni degli zingari e le minacce degli operatori del civico 8 hanno fatto capolino, in via Germagnano, telecamere e torri-faro che hanno trasformato il canile in una piccola caserma. «Ma ora – racconta Tiziana Berno, una delle più agguerrite volontarie – ci tocca di nuovo fare i conti con i furti e con queste cattiverie».
Sì perchè mentre la prefettura dava l’ok per l’avvio del presidio dei vigili qualcuno, dall’altra parte di Torino, si preparava all’ennesima intrusione non autorizzata nel canile. O meglio in quel fortino che conta anche filo spinato e muri rinforzati. «Manca solo più il fossato per proteggerci da quegli zingari» attacca un’altra anziana volontaria.
CONTINUA A LEGGERE IL GIORNALE IN EDICOLA OGGI