Il solo fatto che li chiamiamo spesso «eroi», e da quando abbiamo conosciuto il Covid ancora di piĂą, non è che ci autorizza a trasformarli per forze di cose in martiri. Non ci deve stupire che ben un medico ospedaliero su sedici sogni di andarsene dalla quella gabbia – «Fuga da Alcatraz» la chiamano non a caso le associazioni di categoria -, anzi a essere sincero pensavo fossero molti di piĂą.
Attratti da una vita piĂą tranquilla, magari da medico di famiglia (in molti sono pronti anche a riprendere la formazione, accettando uno stipendio dimezzato per tre anni pur di entrare in graduatoria), oppure dalla sanitĂ privata. E a pensarci sono soprattutto quei professionisti che operano tutti i santi giorni sui fronti piĂą caldi della nostra sanitĂ : il pronto soccorso, la rianimazione…
Adesso che stiamo affrontando la seconda ondata del virus, l’allarme dell’associazione dei medici diventa particolarmente grave: perché il sistema già sconta le carenze di organico e, durante la prima ondata, per far fronte a una emergenza mai conosciuta prima non aveva trovato di meglio che autorizzare il ritorno in servizio di medici in pensione (in pratica tanto valeva mettere un annuncio «Cercasi eroi e martiri: arruolarsi qui») o l’abilitazione dei laureati senza tante storie all’esame di Stato (ma guarda un po’: dopo aver mantenuto per anni il numero chiuso).
E adesso che sono passati tanti mesi, come ha rimediato il sistema? Assumendo e tamponando le falle oppure lasciando un bimbo con il dito infilato nel buco della diga? La risposta i medici la conoscono molto meglio di noi. Perché stupirci che decidano di scappare? Questione di sopravvivenza.
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