No, al centro di salute mentale di Avigliana nessuno sapeva che Gianvittorio Manassero, rigattiere e restauratore di 54 anni, aveva una balestra. La stessa con cui nel tardo pomeriggio di lunedì, ha finito sua moglie, Stefania Viziale di 49 anni, prima stordita a colpi di badile.
Quella stessa arma con cui Manassero, ha poi deciso di farla finita: «Si è puntato la balestra al volto e ha premuto il grilletto», hanno spiegato gli investigatori. Un omicidio-suicidio senza alcun senso, feroce e figlio di una profonda turba mentale esplosa all’improvviso. Che l’uomo fosse sotto cura, infatti, non significa che fosse pericoloso e al centro di salute mentale non si ricordano precedenti di natura particolarmente violenta.
Ma così è andata e la disperazione di Stefania Viziale è tutta nell’ultima telefonata che ha fatto proprio al centro di salute mentale di Avigliana, parlando con il medico che seguiva il marito: «E’ impazzito, sta per uccidermi, accorrete, fate presto». Una richiesta di aiuto che non è stata sottovalutata e che è stata direttamente girata ai carabinieri. Il militari non hanno perso tempo e, a sirene spiegate, sono accorsi nel cascinale di via Pietra Piana. Una corsa contro il tempo che, però si è rivelata inutile. Al loro arrivo, l’uomo aveva già consumato la mattanza.
Un cascinale che Stefania Viziale aveva chiamato “La casa dei bau”, per i due cani che aveva con sé (ora ospiti del canile municipale). “La casa dei bau” è un luogo isolato, quasi in cima alla collina che separa il lago di Avigliana dalla piana di fronte alla Sacra di San Michele e al quale si arriva soltanto attraverso una strada sterrata che si inerpica sul poggio boschivo. Non ci sono vicini di casa, solo qualche lontano parente della coppia che però, con Manassero e Viziale, non aveva più alcun rapporto già da anni.
I due, specialmente Manassero, vivevano pressoché da eremiti e a rompere la loro solitaria routine, c’era solo la visita cadenzata dei medici del centro di salute mentale. Forse, ritengono i carabinieri che conducono le indagini, neppure la donna sapeva di quella balestra che Manassero aveva acquistato chissà quando e chissà dove e che teneva gelosamente nascosta nel suo laboratorio di artigiano restauratore. Un’attività che, in realtà, l’uomo aveva cessato da tempo. Manassero non aveva più clienti e trascorreva il suo tempo chiuso nel laboratorio o tra i boschi a caccia, con la balestra, di grosse pantegane.