La sfida è con te stesso. A vincere è chi riesce a mantenere la concentrazione resistendo alla tentazione di fermarsi e pedalando senza sosta. Il tempo non va sprecato e le pause devono essere lunghe quel che basta per ricaricare le batterie e montare nuovamente in sella. Questi sono gli ingredienti che fanno di un buon ciclista un grande ciclofachiro. Due torinesi, Michele Scalvini e Piero Rivoira, insieme al loro compagno di sempre, Giorgio Murari, si sono resi protagonisti di un’impresa per pochi: percorrere un anello che comprendesse tutta la Bulgaria, più di 1.200 chilometri, in 80 ore e con sole 6 ore di sosta. Il brevetto è quello della Sliven-Varna-Sofia. A raccontare l’avventura è Michele Scalvini: «Gli organizzatori hanno voluto organizzare un brevetto per pochi con un tracciato difficile e chi lo ha terminato può ritenersi seriamente soddisfatto. A complicare tutto c’erano anche le strade che erano disastrate, sembravano quasi sterrate. Percorrerle con una bici da corsa è stato complesso». Il dislivello che i ciclisti travestiti da eroi hanno dovuto affrontare è stato di 11.000 metri, con una «Cima Coppi» situata a 1.200 metri di altezza. Tutto questo in condizioni precarie, senza pause e attraversando la vera Bulgaria: «Abbiamo visto sia le città grandi, sia i piccoli centri. Al termine della tappa più dura del tracciato ci siamo trovati di fronte a uno spettacolo bello e surreale: un vero e proprio accampamento con donne che lavavano nei torrenti, uomini che spaccavano la legna, cavalli liberi e un ragazzino che ne cavalcava uno senza sella». La Sliven- Varna- Sofia è questo, ma non solo: sono anche i cani randagi che ti rincorrono in salita, sono le persone che ti battono le mani quando passi in mezzo ai campi nomadi e sono i pasti a base di pollo e cetrioli: « Abbiamo trovato gente cordiale che ci ha accolto benissimo. Lasciavamo anche la bici fuori dai punti di ristoro e nessuno ha mai toccato nulla». I brevetti sono anche sinonimo di pedalate notturne, nel mezzo di territori sconosciuti e con tante insidie dietro l’angolo: «Per noi la notte è come il giorno. Ha il suo fascino e siamo stati fortunati che è piovuto solo di giorno. La notte è bella da pedalare. Per assurdo credo che sia più pericoloso pedalare di notte in Italia che nei posti dove siamo stati, lì al massimo incroci un carretto trainato da un cavallo o un cane che ti attraversa la strada». Quella di Scalvini, Rivoira e Murari è una storia eroica e romantica. Fatta del male ai polsi che viene a domare con una bici da corsa le buche delle strade bulgare, ma anche della soddisfazione di essere i primi italiani a aver terminato un brevetto tanto affascinante quanto complicato. È la storia di chi ogni anno percorre 19.000 chilometri per mettere alla prova le due anime di uno stesso sportivo.Gioele Urso