Attanagliati da una crisi che sembra non finire, gli italiani si rivelano pessimisti nei confronti del futuro. Costretti a ” ta gl ia re ” su tutto, persino sull’acquisto di pasta, pane, carne e verdura, hanno perso totalmente la fiducia che pur avevano dimostrato a fine anno, quando si cominciava a intravedere un pur minima ripresa. A darne notizia è il ventunesimo rapporto curato da ll ‘ osservatorio del Nord Ovest dell’Università di Torino presentato ieri mattina presso la sede del Comune. Se il 2009 si è chiuso all’insegna della speranza e con un clima di moderato ottimismo che faceva presagire una ripresa dei consumi, il 2010 si è aperto con un drastico e inaspettato declino della fiducia dei consumatori, sia per quanto riguarda il miglioramento del proprio tenore di vita, sia per quanto riguarda una ripresa del sistema paese. Le cause di questo repentino cambiamento in negativo sono da ricercare, come ha spiegato Tania Parisi, autrice del rapporto, allargando gli orizzonti e calandosi in un contesto europeo. «Pesano – ha osservato Parisi – le notizie del dissesto della Grecia, cui i mass media hanno dato grande risalto, ma anche il conseguente richiamo all’austerità invocato da tutti i governi europei». A livello nazionale, il 63% degli italiani ha dichiarato di percepire un aumento dei prezzi dei beni alimentari e il 49% di aver ridotto gli acquisti di almeno uno dei prodotti tra pane, pasta, carne e verdure. Il 55%, invece, ha ” t a gl i a t o ” sull’acquisto di beni non alimentari, come abbigliamento, calzature e prodotti per la cura del corpo. A livello regionale, in generale è stato evidenziato come per il 18% dei piemontesi la condizione economica nei primi mesi del 2010 rispetto al 2009 sia peggiorata. Il 50% dei piemontesi, il 53% dei residenti in provincia di Torino e il 46% dei torinesi negli ultimi sei mesi ha ridotto la quantità acquistata dei beni alimentari primari ( pane, pasta, carne, verdure). Ed è proprio la fettina la prima ad essere tagliata, non nel piatto, però: se in tutta Italia il 29% della popolazione ha ridotto il consumo di carne, lo ha fatto ben il 36% dei residenti in provincia di Torino, mentre è aumentato l’acquisto di verdure. Per quanto riguarda il capoluogo, rispetto al 2009 è cresciuta la percentuale dei torinesi costretti a indebitarsi o ad attingere ai propri risparmi per far fronte al periodo difficile (dal 15% al 19%). È calata, invece, la quota di chi riesce ad arrivare a fine mese, pur senza riuscire a mettere del denaro da parte (da 53% a 42%). In aumento, però, anche quelli che sono in grado di risparmiare (dal 39% di novembre 2009 al 44% di marzo 2010). Fa riflettere l’aumento delle famiglie torinesi in difficoltà, soprattutto se rapportato alla, seppur lieve, flessione dello stesso dato per quanto riguarda le famiglie residenti in provincia di Torino e per quelle d el l’intera regione. « L’in cr emento delle famiglie torinesi costrette ad indebitarsi – ha sottolineato Sonia Bertolini, ricercatrice di sociologia presso l’università di Torino – può essere imputabile alla crisi che ha colpito le grandi aziende della città, molte delle quali sono state costrette a fare ricorso alla cassa integrazione». Per il vicesindaco di Torino, Tom Dealessandri, il problema principale resta infatti l’occupazione: «Laddove c’è molta cassa integrazione – ha commentato Dealessandri al termine dell’incontro -, che rischia di trasformarsi in mobilità e, successivamente, in perdita del posto di lavoro, facilmente si instaura il timore del consumatore ».Mia Zalica