L’occasione era di quelle ghiotte per sfilare di fronte ai taccuini dei cronisti e ai flash dei fotografi: la prima coppia omosessuale, formata dalle lesbiche Debora Galbiati Ventrella e Antonella d’Annibale, a ricevere il certificato di “unione civile” rilasciato dal Comune di Torino. Eppure, l’assessore ai Servizi Civici, Giovanni Maria Ferraris, ieri mattina all’anagrafe centrale di via della Consolata proprio non si è visto. «Non è compito mio consegnare il fatidico pezzo di carta – si è giustificato -, per fortuna abbiamo degli uffici in grado di svolgere al meglio i propri compiti». Una dichiarazione (e un gesto) che la dicono lunga sulle perplessità che l’assessore dei Moderati continua a nutrire verso il provvedimento approvato dalla sua maggioranza con il beneplacito della giunta di cui fa parte. E del resto, proprio Ferraris – che quando ancora era capogruppo del partito di Portas quel provvedimento non l’aveva votato qualche dubbio sulla reale efficacia del fatidico pezzo di carta l’aveva pure avanzato. «Per adesso mancano i regolamenti attuativi, diciamo che ha un valore puramente simbolico», aveva specificato l’assessore nella presentazione del nuovo servizio offerto da Palazzo Civico. Un problema che però non si sono poste né Debora né Antonella, le due donne 45enni che così hanno ottenuto la prima certificazione ufficiale della loro storia d’amore. «Noi aspettiamo che il Comune ci riconosca i diritti già concessi alle coppie tradizionali – hanno commentato uscendo dall’anagrafe di via Giulio – intanto ci godiamo l’emozione di sentirci una famiglia a tutti gli effetti». Il prossimo atto sarà il 24 settembre, quando la Corte d’Appello si esprimerà sul ricorso che le due donne hanno presentato proprio il Comune, «perché non ci ha permesso le pubblicazioni del matrimonio». A essere chiamato in causa sarà proprio il sindaco Sergio Chiamparino, lo stesso “Chiampa” (come lo chiamano Debora e Antonella) che aveva presenziato al loro simbolico matrimonio celebrato lo scorso febbraio. Altra benzina sul fuoco delle polemiche, c’è da scommetterci. Già ieri mattina, una nutrita pattuglia di militanti del Pdl e della Giovane Italia – tra i quali i consiglieri regionali Augusta Montaruli e Massimiliano Motta, oltre al dirigente Maurizio Marrone – si sono presentati agli sportelli per ottenere anche loro un certificato, «visto delibera del Comune di Torino riconosce l’iscrizione al registro ad “un insieme di persone legate da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso Comune”». «La dimostrazione che questo provvedimento apre le porte a qualsiasi tipo di richiesta, mortificando la famiglia tradizionale» attaccano Motta e Montaruli, mentre il vice-coordinatore del Pdl Agostino Ghiglia paragona il sindaco a un «pifferaio magico » e le unioni civili a «una farsa ingannevole che distoglie l’attenzione dai problemi veri dei torinesi ». Posizione bollata come «infantilismo ideologico » e «sciovinismo neofascista» dal presidente dell’associazione radicale Adelaide Aglietta Silvio Viale.Andrea Magri