«Mi portavo uno straccio da casa perché ogni mattina quando tornavo in ufficio trovavo la scrivania ricoperta di una strana polvere bianca. Eravamo alle Officine H e con i miei colleghi ci chiedevamo cosa potesse essere, perché un sospetto ci veniva ma nessuno dell’azienda ci ha mai detto nulla». È la testimonianza shock di Bruna Luigia Perello, 69enne di San Martino Canavese, che ieri mattina è intervenuta nella seconda udienza del processo Olivetti, nell’aula magna del Liceo Gramsci.
Bruna è una delle vittime dell’esposizione all’amianto nell’azienda nella quale ha lavorato dal 1969 al 1999. Malata di un mesotelioma pleurico che le è stato diagnosticato nel settembre del 2011, è salita sul banco dei testimoni con la cannula al naso e la bombola dell’ossigeno. Secondo l’accusa, sostenuta dal pubblico ministero Laura Longo, l’ex operaia avrebbe inalato le particelle di amianto presenti negli intonaci e nelle controsoffittature prima che l’azienda, nel 1987, rivelasse la presenza dell’asbesto negli edifici.
Meno minuziosa per via degli scarsi ricordi è stata poi la testimonianza di Pierangelo Bovio Ferassa, 74 anni, residente a Brosso.
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