Alla fine del loro sfogo tanto sofferto, Mirna e Antonella Coggiola si erano rivolte direttamente al sindaco Piero Fassino. «Se ha una coscienza, faccia un passo indietro». E ieri il dietrofront è arrivato, affidato alle undici righe di un comunicato stampa: «Poiché non è mai stato né è mia intenzione rinnovare un dolore atroce, ho convenuto con Nicola D’Amore sulla opportunità che il suo matrimonio sia celebrato da un altro ufficiale di stato civile». Non sarà quindi il primo cittadino di Torino a pronunciare la formula di rito di fronte all’uomo che 34 anni fa sparò 12 colpi calibro 7,65 nelle gambe di Piero Coggiola, facendolo morire in mezzo alla strada per dissanguamento. Sotto gli stessi occhi di quelle due donne che alla notizia del matrimonio dell’uomo che per sempre ha cambiato le loro esistenze altre parole non hanno trovato se non « rabbia, dolore, sconcerto ».
«Avendo vissuto gli anni bui del terrorismo e visto da vicino il dramma delle famiglie colpite – continua il sindaco nel suo messaggio , comprendo il dolore della famiglia Coggiola e ne raccolgo l’appello. D’altra parte avevo accolto la richiesta di Nicola D’Amore di celebrare il suo matrimonio per una ragione umana e di civiltà, ritenendo che a chi ha scontato la pena e ha riconosciuto la gravità dei propri atti, non si debba rifiutare la possibilità di costruire una nuova vita. Una valutazione che in me non riduce, né attenua la più netta condanna di ogni atto di terrorismo e il giudizio sulle responsabilità di chi si è macchiato di tali atti».
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