Fuori dalla porta di Neurorianimazione restano solo i piantoni della polizia, mentre i parenti dei ricoverati cominciano la lenta processione in reparto nell’orario canonico del mattino. Alberto Musy è ancora in coma, in condizioni che i medici definiscono gravi, senza escludere il pericolo di vita. Angelica D’Auvare sta scendendo le scale verso l’uscita di via Genova, accompagnata dalla cognata e un ispettore della Digos per fare ritorno in Questura dove sarà ascoltata per l’intero pomeriggio. Per lei la visita al marito Alberto è durata poco più di un’ora, in un orario diverso da quello previsto per gli altri pazienti. Motivi di sicurezza o di riservatezza. Il sorriso stanco e rassicurante dell’arrivo si è trasformato in pianto appena varcata quella pesante porta d’acciaio. Qualcuno pare le abbia detto di aver notato delle reazioni nervose, nonostante il coma farmacologico. Un’illusione, forse. Di quelle che, però, possono fare la differenza anche per una donna forte come Angelica dimostra d’essere. Un abbraccio stretto con la sorella di Alberto, anche lei fatica a trattenere le lacrime. Niente illusioni, ora. « Possiamo solo aspettare, non possiamo fare altro» confessa Angelica, cercando negli amici, nei collaboratori del marito un sorriso che possa ancora dare morale. Negli stessi attimi il direttore sanitario e i medici delle Molinette stanno leggendo ai giornalisti l’ultimo bollettino medico. «Dall’arrivo in Neurorianimazione le condizioni neurologiche permangono stabili nella loro gravità, confermata dagli accertamenti strumentali eseguiti nella mattinata».
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