La ricostruzione dell’agguato è chiara, il movente resta ancora un mistero. E se la pista del terrorismo politico è sin dall’inizio la meno battuta, con il passare delle ore prende invece piede l’ipotesi di una vendetta maturata in ambito professionale, o addirittura nella sfera privata del consigliere comunale Alberto Musy. Mentre resta sempre sullo sfondo l’attività politica svolta in questi mesi dall’ex candidato sindaco per il Terzo Polo.
«Sembra una frase fatta, ma non lo è nella maniera più assoluta: ci stiamo muovendo a 360 gradi, stiamo valutando tutte le possibili ipotesi e non possiamo permetterci di tralasciare alcuna pista investigativa » . Quando la mano sconosciuta che impugna una calibro 38 esplode sei colpi in via Barbaroux, il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli è regolarmente al lavoro nel proprio ufficio al settimo piano della procura. Con lui c’è il procuratore aggiunto Sandro Ausiello, responsabile del pool “criminalità organizzata”. Dopo Caselli, anche Ausiello sottolinea la gravità dell’attentato ai danni di Alberto Musy: «Per le modalità, l’agguato ricorda per certi versi le azioni compiute dai brigatisti durante gli anni ’70, con la differenza che in quel periodo si agiva almeno in due, mai da soli».
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