«Perché una cosa del genere, qui siamo tutti impazziti». I vicini di casa di Alberto Musy sono sotto shock. Fanno avanti e indietro, fuori dal portone, hanno ancora negli occhi il corpo del politico a terra, con il cappotto intriso di sangue. Nelle orecchie, le detonazioni dei colpi. «Io ne ho sentiti quattro – ricorda Alberto Passanisi, che abita un portone più avanti, al quinto piano di una palazzina che si affaccia sul cortile in cui è avvenuto l’agguato -, erano circa le otto. Mi sono affacciato e ho visto due donne che urlavano. Dicevano “chiamate la polizia, chiamate l’ambulanza”». Intanto, altri condomini telefonavano al 118, altri correvano a cercare di dare i primi soccorsi. «Siamo scesi tutti – spiega un giovane sulla trentina che rincasa nel primo pomeriggio – e abbiamo cercato di aiutarlo e di capire chi potesse essere stato. Io, quando ho sentito gli spari, stavo dormendo, e quando sono sceso Musy era disteso a terra e non parlava». L’avvocato, quando è stato soccorso, era nell’androne, sulla destra, dove sono rimaste le garze, il disinfettante e il sangue. Sangue che però ha sporcato il cortile anche nel centro, oltre un muretto, insanguinato pure quello. Probabilmente, per sfuggire ai colpi, Musy l’ha scavalcato. E l’uomo che voleva ucciderlo l’ha seguito, sparandogli alla schiena. Tra i primi a scendere in cortile, la tata delle figlie del consigliere Udc, Flor. «Mi sono affacciata al balcone – ha detto – e ho visto l’avvocato a terra, ferito e sanguinante».
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