Roberto Rosso sale sul banco degli imputati. A spingerlo è Agostino Ghiglia, che non ha digerito le esternazioni del sottosegretario mentre ancora si stavano contando le schede e la sconfitta del Pdl era già nei titoli di tutte le agenzie. E ancor più indigeste sono state le «sparate del figliol prodigo» a “Un giorno da pecora” e “La zanzara” a quattro giorni dal voto. Il vicecoordinatore regionale, come è nel suo stile, non le manda a dire: «Rosso – ha tuonato – non ha il diritto di parlare perché in campagna elettorale non ha lavorato nemmeno per un minuto. O almeno, a Torino non si è visto. Ha screditato la dedizione di centinaia di candidati, impegnati pancia a terra. Non doveva permetterselo. In un partito normale non possono capitare episodi del genere. Saranno presi provvedimenti».
Insomma, tira aria di resa dei conti in corso Vittorio, anche se l’ordine di scuderia in queste ore è di tenere un basso profilo. Il momento è delicato, tra meno di due settimane ci saranno i ballottaggi a Vercelli, Novara e Trecate, sfide che il centrodestra non si può permettere di perdere. E così le stilettate di Vito Bonsignore («È mancato un progetto, nei momenti topici in Comune abbiamo sempre votato con la sinistra») assumono i toni della «critica costruttiva » perché, come ha ribadito ieri Ghiglia, «quando è stato il momento di lavorare per il partito lui non si è tirato indietro». E i voti, come sempre, li ha portati. «Le sue parole – ha aggiunto – devono essere degne della massima attenzione. Non come quelle di altri. Lo ripeto, il comportamento di Rosso è stato esecrabile».
L’articolo di Filippo De Ferrari e Andrea Gatta su CronacaQui in edicola il 18 maggio