I torinesi devono ancora farci l’abitudine, ma altrove il cosiddetto “turismo culturale” è una realtà consolidata. E anche gli eventi culturali, come può esserlo il Salone del Libro, diventano un’o ccasi one importante dal punto di vista economico. Perché quello che a molti può apparire una semplice fiera è in realtà una vera e propria industria, con un giro d’affari calcolato in oltre 52 milioni di euro, a fronte di spese di organizzazione di 4 milioni e 598mila euro.
POSTI DI LAVORO
E dell’industria ha i numeri anche in termini occupazionali: tra hostess, addetti alla biglietteria, personale negli stand, negli esercizi dei servizi di ristorazione, vigilanza e sicurezza nei cinque giorni di attività il Salone crea 384 posti di lavoro temporaneo. E come più volte ricordato anche dal suo patron Rolando Picchioni, per ogni euro di finanziamento pubblico ricevuto (si tratta di un milione e 612mila euro da Comune, Provincia, Regione, Camera di Commercio e fondazioni bancarie), il Salone ne restituisce 12,5 in termini di spesa diretta e oltre 33 di effetti complessivi.
L’articolo di Andrea Monticone e altri particolari su CronacaQui in edicola il 12 maggio