La protesta silenziosa e pacifica di una decina di ex dipendenti Aiazzone- Panmedia va in scena, poco dopo mezzogiorno, di fronte agli ascensori della scala A del Palazzo di Giustizia di Torino. Al terzo piano di quella scala, nell’ufficio del giudice Vittoria Nosengo, è in programma la prima udienza del processo avviato presso il Tribunale fallimentare dopo il crac delle due società. «Ci hanno rovinato la vita e ora devono pagare», è la frase più ricorrente tra chi per anni ha lavorato nel noto mobilificio il cui motto era «provare per credere».
Una decina di ex dipendenti in tutto, non di più. Attendono lontano dall’aula, nel cortile interno al palazzo. Aspettano con pazienza che l’udienza finisca, poi circondano i propri legali e chiedono lumi su quanto avvenuto ne ll’ufficio del giudice. « Giudice che ora dovrà prendere una decisione, non c’è molto da dire: fallimento o amministrazione straordinaria », rispondono sintetici gli avvocati. A quel punto si scatena la rabbia del gruppetto che fino a quel momento aveva atteso in silenzio di fronte agli ascensori. «Quei signori hanno preso in giro chiunque, ma più di tutti paghiamo noi dipendenti e pagano i clienti raggirati. Per mesi abbiamo preso ordinazioni sapendo che i mobili acquistati non sarebbero mai arrivati, abbiamo venduto illusioni e promesse». Illusioni e promesse a quasi ventimila clienti.
L’articolo di Giovanni Falconieri su CronacaQui in edicola il 13 aprile